Altre news

Savona, festa alla Familiare per i 100 anni di Giuseppe Crosa

livio di tullio giuseppe crosa centenario savona

Savona. E’ nato il primo marzo del 1914. E ieri, alla Familiare di via Scarpa a Savona, Giuseppe Crosa ha festeggiato i cento anni di vita. Tanti i parenti e i simpatizzanti di sinistra che sono intervenuti alla bicchierata, ricordando i momenti di allegria di questi anni: soprattutto alle Feste de l’Unità, dove Crosa, dopo la pensione, ha lavorato per molti anni.

Crosa fu deportato durante la seconda guerra mondiale nei campi di lavoro, in Germania, e tornò a casa soltanto nel ’45, dopo la Liberazione, con un bagaglio di dolore e di fatica difficili da dimenticare. Poi il lungo lavoro in fabbrica, all’Italiana Coke, come operaio specializzato addetto alla manutenzione. “Un suo compagno di lavoro, più giovane di lui, mi ha raccontato di come il tornio di Crosa fosse sempre il migliore e la sua postazione di lavoro quella più pulita”, svela l’assessore savonese Livio Di Tullio.

“All’epoca io e tanti altri giovani, un po’ scapestrati e assolutamente incapaci – ricorda Di Tullio – davamo una mano risultando sempre approssimativi e facendoci tirare le orecchie dal compagno Crosa che ci avrebbe tenuti volentieri un po’ più lontani dai suoi laboratori. E mi porto ancora nel cuore i suoi moniti, al tempo non proprio sussurrati. Mi ricordo quando entravamo di soppiatto nei magazzini, al Prolungamento, nei giorni di allestimento della Festa, per portargli via martello, pinze e tutti gli attrezzi necessari… Una volta ci ha fermato e, sospirando per non gridare, ci ha detto in dialetto: ‘Quando si va a lavorare si portano gli attrezzi'”.

“Me ne sono ricordato anche negli anni successivi, anche “da grande” – continua il vice sindaco – Era il suo modo di insegnarci che se non volevi essere uno di una massa indistinta dovevi essere capace di diventare autonomo, di gestire da solo la tua “produzione”. E quando cercavamo di montare gli stand e le strutture della Festa, con grande e inutile fatica e senza arrivare al risultato, arrivava lui e ci diceva “oua vè mustru”, ora vi insegno, e faceva da solo il lavoro che noi in dieci non eravamo stati capaci di fare. Il risultato era sempre impeccabile”.

Il monito di Crosa era sempre “pè travaggiò ù ghe vò ù cervelli“, per lavorare ci vuole il cervello: “Ci insegnava che un lavoro non basta mettersi a farlo, ma che bisogna pensarlo, prevederlo – ricorda Di Tullio – non fare fatica quando si può evitare. E se non eravamo stati precisi il suo giudizio era impietoso: “Per lavorare ci vuole precisione”, diceva. Ho sempre ripensato con tanto affetto alle sue parole. Facendone tesoro, nel tempo”.

Più informazioni