Cronaca

False fatturazioni, Pietro Fotia prende la parola al processo: “La legge sia uguale per tutti”

tribunale Savona

Savona. “Io non voglio dire di essere perseguitato, ma solo ribadire che la legge deve essere uguale per tutti. Da cinque anni ormai mi ritrovo coinvolto in procedimenti in tribunale, ma i risultati quali sono?”. Ad alzarsi in aula e rivolgere queste parole ai giudici del Collegio del tribunale di Savona, questa mattina, è stato l’imprenditore Pietro Fotia a giudizio insieme ad altre tre persone in un processo per un presunto giro di false fatturazioni (la vicenda relativa al filone “fiscale” dell’inchiesta Dumper).

Il procedimento è ripreso oggi in tribunale con l’audizione di altri testimoni della difesa, ma il momento clou dell’udienza è stato certamente quando Fotia ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee e si è rivolto ai giudici. Un gesto che il diretto interessato ha spiegato così: “Volevo solo ribadire che le cose vanno fatte come è giusto. Sono convinto che il Collegio sia sopra le parti e valuterà tutto al meglio. Ho piena fiducia nei collegi giudicanti, ma non posso non rilevare che dal 2009 sono tirato in ballo da Finanza, tribunali e Dia. L’importante comunque è risolvere le questioni alla fine”. Dopo l’intervento dell’imputato il presidente del Collegio, il giudice Fiumanò, ha replicato con fermezza che il tribunale non porta avanti nessuna persecuzione e non esiste alcun complotto contro di lui.

Le dichiarazioni di oggi dovrebbero essere solo un “antipasto” visto che nella prossima udienza, fissata per il 5 febbraio, è in programma proprio l’esame dell’imputato. Insieme a Fotia, amministratore della Scavo-Ter, sono a giudizio nel procedimento per le false fatture anche Mario Taricco, già titolare dell’omonima ditta di ferramenta e duplicazione chiavi in via Giacchero, Andrea Baccino della Bbg Costruzioni e Vittorio Baghino. Per tutti l’accusa è di aver creato un giro di false fatturazioni che avrebbe coinvolto, oltre alla Scavo-Ter, anche le altre aziende che avrebbero fornito documentazioni false per raggirare il fisco.

Il filone fiscale dell’inchiesta Dumper era scattato in seguito ad un controllo della Guardia di Finanza, nel 2009, negli uffici della Scavo-Ter a Vado Ligure. Dalla verifica – si legge nelle 50 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata nel maggio 2011 dal gip Fiorenza Giorgi – “emergevano rilevanti rapporti economici e finanziari con diverse società risultate essere evasori totali e che non risultavano in attività”.

Dai successivi controlli era poi emerso che queste società (Quasar Cg Srl, Società Costruzioni Generali Srl, Aaronne Srl, Aaronne Consorzio, Badrock Srl) – sempre secondo l’accusa – “avevano emesso fatture in tutto o in parte inesistenti nei confronti della Scavo-Ter, la quale aveva in tal modo ottenuto vantaggi fiscali illeciti e la costituzione di fondi occulti, realizzati anche attraverso complessi passaggi fiscali e triangolazioni” negli anni tra il 2007 e il 2010. Un presunto giro di fatture illecite per importi che, nel complesso e considerando tutte le aziende coinvolte, si aggirano secondo l’accusa intorno ai 3 milioni di euro.

In un primo momento nell’inchiesta (la stessa che aveva anche portato in manette l’ex dirigente dell’ufficio tecnico di Vado Roberto Drocchi che ha già patteggiato) era finito nel mirino dei magistrati anche il legale rappresentante di Scavo-Ter, Donato Fotia, fratello di Pietro, che però non solo non risulta indagato, ma anzi figura come “danneggiato”: nell’ipotesi di reato a carico del fratello Pietro si legge infatti “…all’insaputa del legale rappresentante dell’azienda”.

In sede di udienza preliminare avevano invece patteggiato altri due imprenditori per cui il pm Ubaldo Pelosi aveva chiesto il rinvio a giudizio, ovvero Maximiliano Gandolfo, titolare della Cg Quasar di Altare (al quale veniva contestata anche la bancarotta fraudolenta) e Roberto De Maestri, titolare della Società Costruzioni Generali. Il primo aveva patteggiato due anni e sei mesi di reclusione, mentre il secondo, aveva patteggiato sei mesi.