Albenga. Prosciolti tutti i medici coinvolti nell’inchiesta per la morte di Luca Graziani, il papà albenganese di 33 anni stroncato nell’aprile del 2011 da una meningite fulminante di forma batterica. Questa mattina, in udienza preliminare, il giudice Emilio Fois ha infatti emesso una sentenza di non luogo a procedere nei confronti dei sei sanitari.
Alla base della decisione (le motivazioni saranno note tra 15 giorni) c’è l’esito della perizia del medico legale che non ha individuato un nesso di causalità tra la condotta degli indagati e il decesso del paziente. Secondo il consulente, la patologia che aveva colpito Graziani sarebbe stata comunque fatale, anche se diagnosticata tempestivamente. Motivo per il quale la condotta dei medici, seppur errata, non avrebbe influito “sull’evento morte.”
Nel mirino della Procura, tutti con l’accusa di omicidio colposo in concorso, erano finti due medici del pronto soccorso di Albenga (R.G., 47 anni, e A. F., di 38, che avevano assistito Graziani al momento dell’ingresso nel nosocomio ingauno), un medico di guardia (A. F., di 40), gli anestesisti di turno quella notte (D. P., di 45, e G. F., di 53) ed il direttore del dipartimento emergenza (A. A., di 62).
Secondo il pm (l’indagine era stata condotta dal pm Giovanni Battista Ferro) i medici avrebbero dovuto rendersi conto della patologia che aveva colpito il trentenne albenganese. Dalle perizie di parte era emerso infatti che, dagli approfondimenti clinici effettuati su Graziani, poteva essere fatta una diagnosi corretta già nelle prime ore dopo il ricovero: gli esami del sangue evidenziavano – sempre secondo i periti – un aumento della leucocitosi neutrofila e delle glicemia, il paziente aveva problemi al seno mascellare destro e la tac aveva evidenziato un marcatissimo edema cerebrale. Tutti segnali che avrebbero dovuto far pensare alla meningite.
La Procura contesta anche ai medici di non aver eseguito la “rachicentesi”, ovvero una anche puntura lombare per poter estrarre il liquido cefalorachidiano (contenuto nel canale midollare della colonna vertebrale), un esame che avrebbe tolto ogni dubbio sulle condizioni di Graziani. Solo al Santa Corona, dove il paziente venne trasferito su richiesta del padre, i medici avevano centrato la diagnosi ed iniziato la terapia corretta, ma ormai era tardi.
Quella del trentenne – secondo la ricostruzione degli inquirenti – era stata una vera e propria odissea: alle 18,30 del 19 aprile arrivò al pronto soccorso dell’ospedale di Albengae solo alle 12,30 del giorno dopo, quando venne trasferito al Santa Corona, iniziò la terapia. Il 22 aprile Graziani era deceduto. Da subito la famiglia del paziente (parte civile nel procedimento con gli avvocati Francesca e Graziano Aschero) aveva denunciato che in tutte le ore in cui Graziani era rimasto nel nosocomio albenganese non era stato sottoposto a cure specifiche per la sua patologia. Motivo per cui i legali dei familiari faranno ricorso in Cassazione contro la decisione di questa mattina.