Cronaca

Tragedia di Genova, funerali di Stato: “Una sciagura per la città, il Paese vi è vicino”

Genova. “La sciagura che ha colpito il nostro porto ha lasciato incredula e stordita l’intera città ma soprattutto ha ferito le famiglie delle nove vittime e dei quattro feriti”. Sono state le prime parole dell’omelia pronunciata dall’arcivescovo Angelo Bagnasco nella cattedrale gremita di San Lorenzo per celebrare le nove vittime di Molo Giano. Nove gli stalli a ricordare i sei militari della Guardia Costiera, i due piloti e il rimorchiatori rimasti uccisi nel tragico incidente di martedì 7 maggio, quando alle 23.30 la Jolly Nero si è schiantata contro la torre dei piloti crollata in mare. Maurizio Potenza (50 anni), Michele Robazza (41), Daniele Fratantonio (30), Davide Morella (33), Marco De Candussio (40), Sergio Basso (5), Giuseppe Tusa (25), Francesco Cetrola (38).

Nove stalli, di cui uno vuoto per Gianni Jacoviello, l’ultimo disperso le cui ricerche proseguono incessantemente. Un silenzio surreale gravido di commozione ha accolto i feretri nella loro entrata solenne in chiesa. Lacrime e applausi, poi la marcia funebre di Chopin. Le parole del cardinale Bagnasco hanno dato inzio alla funzione.

“A tutti, militari e civili, va l’abbraccio affettuoso di Genova della Capitaneria di Porto e della Marina Militare, l’abbraccio dell’intero Paese che di fronte a tanto dolore s’inchina e invoca che mai più accada – recita l’omelia – In questa cattedrale siamo stretti intorno alle salme dei nostri fratelli spirtitualmente anche a chi è ancora disperso per pregare il Signore della vita, affinché le loro anime immortali siano accolte nella luce senza fine. E’ questa la nostra fede: la morte non è l’ultima parola su questo fragile tempo.- ha detto Bagnasco- La parola definitiva è la vita eterna, la dove incontreremo Dio e i nostri cari. I legami d’amore e di amicizia, i doveri quotidiani gli ideali nobili e veri per i quali spendiamo intelligenza e cuore, tempo e fatica, tutto è sottratto alla morsa del nulla, e rimane per sempre”.

“La sciagura che ha percosso famiglie e amici e istituzioni deve diventare una prova della bontà di Genova cioè la sua capacità di far crescere il suo tessuto umano e cristiano, sociale e lavorativo; trama di accoglienza operosa che rende più vivibile la vita e sopportabile il dolore. E’ un dovere che sentiamo nostro e che dobbiuamo a questi fratelli che dal cielo pregheranno per i loro cari e per noi”.