Savona. E’ ripreso questa mattina in tribunale il processo per la morte del vigile del fuoco Ermano Fossati. A giudizio, con l’accusa di omicidio colposo, c’è Nello B., l’automobilista che aveva perso il controllo della sua vettura sulla strada, chiusa al traffico nel periodo invernale, e in soccorso del quale erano intervenuti Fossati ed i suoi colleghi. Proprio durante l’intervento il caposquadra dei vigili del fuoco del distaccamento di Finale (era il 29 dicembre) aveva cercato di evitare che il secondo mezzo dei pompieri imboccasse la strada ghiacciata (quella comunale che dal Colle del Melogno porta a Bormida) finendo per essere travolto.
Stamattina in aula è stato ascoltato proprio l’imputato che ha rivissuto quello che successe quella mattina sulla strada comunale che dal Colle del Melogno porta a Bormida: “Avevo chiamato i vigili del fuoco per chiedere aiuto. Poi ho ricevuto una chiamata dal 118 che mi chiedeva di spiegare dove mi trovavo perché avevano difficoltà ad individuarmi. Con i soccorritori sono stato dettagliato nel dire dove mi trovavo, ma gli ho detto che potevano stare tranquilli perché stavo bene”.
“Mentre aspettavo i soccorsi ho visto arrivare il primo Defender dei vigili del fuoco, ha sbandato e io mi sono gettato per terra. Per qualche secondo ho temuto mi venisse contro la ruota che si è fermata a poco più di un metro da me. A quel punto dal mezzo è sceso il povero Fossati che mi è venuto vicino e mi ha detto di non preoccuparmi. Poi mi ha detto che doveva fermare il secondo mezzo che stava arrivando e si è messo a correre sul ciglio della strada. Subito non capivo, sono rimasto lì da solo ma vedevo la strada fino alla curva. Ho visto Fossati che si sbracciava in mezzo alla strada proprio quando è arrivata la macchina, lui è rimasto fermo, c’era ghiaccio ed è stato travolto. Subito l’ho visto restare aggrappato al cofano poi la macchina ha sbandato e lui si è accasciato. Mi sono messo ad urlare, è stato un momento” ha ricordato l’automobilista.
L’imputato ha poi spiegato di essere rimasto sul luogo dell’incidente per diverse decine di minuti: “Ho assistito ai tentativi di rianimazione, sono rimasto lì fino alle 10,40 circa. Sentivo voci, ero frastornato e non le interpretavo. L’unica speranza era di vederlo riprendere…”.
Un racconto che coincide con la ricostruzione fatta dal pm che, nel chiudere l’indagine, era arrivato alla conclusione che “Fossati è morto da eroe”. Dall’inchiesta era emerso infatti che il vigile del fuoco, dopo essere uscito di strada con il mezzo che stava guidando, un Defender, il primo ad arrivare in aiuto dell’automobilista, rendendosi conto della pericolosità della situazione, aveva cercato di impedire che i colleghi corressero rischi. Il caposquadra del distaccamento finalese si trovava infatti in mezzo alla sede stradale perché si stava sbracciando per cercare di fermare l’avanzamento della seconda camionetta dei pompieri, quella che poi lo ha tragicamente investito. Secondo il magistrato, viste le condizioni atmosferiche estreme, il “gelicidio” che rendeva l’asfalto scivoloso e la scarsa visibilità, il collega che guidava il secondo mezzo dei pompieri non poteva fare nulla per controllarlo.
Il rinvio a giudizio per Nello B. era arrivato perché la sua condotta colposa, secondo l’accusa, sarebbe il “primum movens”, ovvero l’evento che scatenò poi tutte le altre condotte colpose che, seppur indipendenti tra loro, si ricollegano poi alla prima. Prossima udienza del processo il 20 maggio.









