Ponente. Sono emersi i dettagli dell’operazione dei carabinieri di Alassio e dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Genova, ribattezzata “Nemo”, che ha portato all’arresto di Giovambattista Pesce, il 58enne, in passato assessore a Ceriale, finito in carcere per il furto di anfore dai relitti della Gallinara.
Nell’estate 2012 una fonte confidenziale aveva riferito al comando carabinieri di Alassio che presso due relitti di una nave romana oneraria affondata nello specchio acqueo antistante al Comune di Albenga, da anni si verificava il trafugamento di antiche anfore romane risalenti al 1° secolo avanti Cristo e che ne erano state rubate almeno 25.
L’informatore riferiva che il responsabile operava con una piccola imbarcazione al sorgere dell’alba e una volta recuperate le anfore si dirigeva verso la costa in direzione Albenga-Ceriale e scaricava la refurtiva sulla costa. I carabinieri di Alassio hanno quindi richiesto supporto ai sommozzatori del Centro Carabinieri di Genova che realizzando dei foto-mosaici del sito archeologico e confrontandoli con immagini d’archivio hanno appurato che erano state sottratte dal 2008 ad oggi almeno 31 anfore.
In collaborazione con i carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Genova la Compagnia di Alassio ha iniziato un’indagine in cui sono stati “monitorati” diversi subacquei, in particolare ex corallari, ossia persone con le capacità di spingersi sino a 60 m di profondità e in grado di sollevare dai fondali anfore che possono pesare oltre 50 kg.
Nel corso delle indagini coordinate dal pm Giovanni battista Ferro è stato scoperto che Giovambattista Pesce aveva avuto un furto nell’abitazione dove è residente sua moglie (gli avevano smurato la cassaforte) e che i carabinieri di Palazzolo sull’Oglio (BS) avevano fatto un sopralluogo in quella casa. Ma un appuntato dei carabinieri aveva notato un’anfora, senza però sapere che fosse un reperto archeologico di epoca romana trafugato nel mare della Gallinara.
I carabinieri, su mandato della Procura di Savona, hanno quindi perquisito le abitazioni di Ceriale del 58enne e hanno rinvenuto tre anfore romane provenienti da due relitti, oltre a un collo di un’altra anfora. Nell’alloggio cerialese i militari hanno rinvenuto anche tutta l’attrezzatura subacquea dell’indagato.
Nella residenza della moglie a Palazzolo sull’Oglio i carabinieri hanno invece rinvenuto e sequestrato l’anfora che aveva visto l’appuntato durante il sopralluogo nella casa oggetto di furto, oltre ad un pc portatile dove erano archiviate foto e video subacquei che immortalavano i ladri mentre trafugavano le anfore.
Nell’interrogatorio in Procura Giovambattista Pesce aveva negato di avere altre anfore, ma il giorno successivo è partito alla volta di Bologna dove abitano i figli (studenti universitari) e giunto sul posto hanno distrutto un’anfora romana riducendola in piccoli cocci per poi disfarsene. Peccato che i carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Bologna, intervenuti a supporto nell’operazione, hanno recuperato gli ultimi cocci e foto dell’anfora nell’appartamento bolognese. Un gesto che è costato il carcere all’indagato su disposizione del gip Fiorenza Giorgi.
Nell’operazione sono stati denunciati anche i figli ed una loro fidanzata, oltre alla moglie del 58enne cerialese, che si sono resi complici nell’inquinare le fonti di prova e distruggere i corpi del reato.
Un altro subacqueo, Stefano P., imprenditore di Palazzolo sull’Oglio, complice di Giambattista P., dopo aver nascosto un’anfora trafugata ad una prima perquisizione, l’ha poi consegnata ai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Genova. Le indagini proseguono per cercare di recuperare le altre anfore che mancano all’appello.





