Vado L. Le intercettazioni, utilizzate nelle indagini prima e nel processo poi, non sarebbero state autorizzate dal gip. Dovrebbe essere questo il cardine sul quale si fonderà la difesa di Lucio Saggio, cinquantenne condannato in primo grado per una rapina alle Poste di Vado Ligure, nel corso del processo di Appello. Il procedimento di secondo grado si celebrerà lunedì prossimo in Corte d’Appello a Genova e potrebbe ribaltare il verdetto del tribunale di Savona che aveva condannato Saggio a dodici anni di reclusione.
Secondo la difesa infatti le intercettazioni telefoniche che avrebbero incastrato l’uomo (ora in carcere per scontare una condanna a 28 anni di reclusione per l’omicidio di Daniele Carelli avvenuto il primo maggio del 2005 davanti all’Ipercoop) non sarebbero state utilizzabili perché effettuate senza la necessaria autorizzazione del giudice. Gli inquirenti, dopo aver ottenuto il via libera ad eseguirle, avevano affidato il compito ad un’azienda privata, ma senza aver presentato la richiesta ad hoc. Per questo motivo la Cassazione ha accolto il ricorso dell’avvocato di Saggio, il legale Igor Morixe, e ha riconosciuto che buona parte di quelle intercettazioni non erano utilizzabili.
Proprio il pronunciamento della Cassazione, visto che le intercettazioni sono state utilizzate nel dibattimento, potrebbe far rovesciare il verdetto di primo grado. La rapina per la quale Saggio era finito nei guai risale al 19 agosto del 2005: a Vado Ligure, fra le 7,45 e le 8 del mattino, viene preso d’assalto l’ufficio postale. I due banditi, che durante la notte si erano introdotti nell’ufficio, nascondendosi in una stanza al secondo piano, sorprendono direttore e impiegati in coincidenza con l’apertura della cassaforte: si fanno consegnare i 127 mila euro in contanti, destinati al pagamento delle pensioni e fuggono. Dopo poche ore però vengono bloccati: prima il complice di Saggio, Eraldo Alismo, e poi il cinquantenne.
Ad incastrare Saggio sarebbero state le tracce di saliva (dalle quali gli investigatori erano risaliti al Dna), rilevate su un passamontagna rinvenuto dalla polizia durante le prime indagini sulla rapina e che lui avrebbe indossato.