Savona. E’ stata una battaglia, combattuta sul filo di cavilli procedurali, ma che non ha portato ad una chiusura anticipata del processo come speravano i legali della difesa. Il processo contro i “furbetti della Asl”, i 31 dipendenti dell’ospedale San Paolo (fra medici, infermieri e operatori socio sanitari accusati di sostituzione di persona) coinvolti nell’inchiesta della Procura di Savona sull’uso disinvolto dei badge per entrare ed uscire dal posto di lavoro, infatti non è chiuso, ma andrà avanti.
I difensori degli imputati, avendo presentato una sentenza della Cassazione (per la precisione la 48662 del 2012), speravano di poter ottenere un’assoluzione pre-dibattimentale per i loro assistiti: secondo il pronunciamento della Corte infatti chi effettua una doppia vidimazione, marcando oltre che la propria scheda quella magnetica anche quella di un altro, “agisce, in definitiva, come una longa manus di quest’ultimo”. La difesa ha quindi chiesto al giudice di accogliere questa tesi e, di conseguenza, di non aprire nemmeno il dibattimento. Una richiesta che ha trovato la decisa opposizione del pubblico ministero Chiara Maria Paolucci.
Alla fine il giudice ha accolto l’eccezione del pm ed ha dichiarato aperto il dibattimento fissando la prossima udienza al 16 maggio. In quell’udienza saranno sentiti i primi testimoni dell’accusa e, sulla base delle loro deposizioni, si potrà capire che direzione prenderà il processo. I difensori restano infatti convinti che, visto il reato contestato e visto il pronunciamento della Cassazione, i loro assistiti vadano prosciolti perché il fatto non sussiste.
Per la Cassazione il comportamento del dipendente che timbra al posto del collega potrebbe portare un danno alla pubblica amministrazione nel caso in cui il secondo poi non si presenti al lavoro. Una circostanza che potrebbe far scattare per i dipendenti l’accusa in concorso di truffa, ma che, secondo la Cassazione non ha i presupposti per contestare la sostituzione di persona (visto che in nessun momento il collega che timbra al posto dell’altro si attribuisce i dati identificativi o si presenta all’esterno come il secondo).
Il procedimento contro alcuni dipendenti Asl era stato aperto nel febbraio del 2010: nel mirino della Procura era finito l’utilizzo dei badge per timbrare l’entrata e l’uscita dall’ospedale San Paolo di Savona (capitava infatti che un collega timbrasse al posto di un altro). Inizialmente tra le ipotesi di reato c’era anche la truffa, ma poi l’accusa a carico dei lavoratori dell’ospedale era stata ridimensionata: in piedi era rimasta solo quella di sostituzione di persona.
Era infatti stato appurato che, pur usando irregolarmente il tesserino, gli indagati non si erano assentati dal luogo di lavoro. Insomma la tesi che voleva un collega a posteggiare l’auto mentre l’altro stava timbrando l’entrata per tutti e due, o viceversa, ma nessun lavoratore solo “virtualmente” al lavoro, è sembrata la più corretta. Un comportamento comunque non regolare, ma non così grave da tradursi nel reato di truffa, ma piuttosto in sostituzione di persona. Reato per il quale gli indagati erano stati colpiti da un decreto penale di condanna al pagamento di una multa di tremilasettecentocinquanta (il corrispondente di 15 giorni di reclusione), al quale avevano presentato opposizione.
Di conseguenza, così come vuole la procedura, il caso era finito davanti al giudice monocratico che ora dovrà decidere se la recente sentenza della Cassazione potrà far cadere anche questa accusa.