Andora. La “ligurite” è un virus potentissimo, capace di contagiare anche chi non è nato nella nostra regione. I sintomi più diffusi sembrano essere freddezza, scortesia e inospitalità, e pare non esista medicina capace di fermarla.
Una dimostrazione è il titolare del bar andorese che si è dotato dell’ormai “famoso” menù nella cui prima pagina campeggia il decalogo cui deve attenersi il cliente perfetto e che, secondo alcuni, è da considerarsi la sintesi dell’incapacità dei liguri di fare turismo. Si tratta di un omone dalla corporatura robusta ma dalla voce gentile, e che, per quanto i suoi comportamenti in stile “torta di riso finita” richiamino alla mente uno sfottò ispirato ai nostra “mali”, ligure non è.
Il signor Carlo, infatti, è originario della provincia di Cuneo e si è trasferito in Riviera solo nel 2009 a seguito di un brutto incidente che gli ha provocato anche problemi di tipo polmonare. Una scelta che gli sembrava vincente: dopotutto qui aveva trascorso estati bellissime fin da quando era adolescente e, insieme alla moglie e al figlio, ha colto al volo l’occasione di aprire un bar ad Andora.
“Non l’avessi mai fatto – esordisce il gestore del locale – Mi sono trovato malissimo, appena riesco a vendere il bar me ne torno in Piamonte e non voglio più sentir parlare della Liguria, non ci rimetterò piede mai più. Non solo ho a che fare tutti i giorni con clienti maleducati, siano essi residenti o turisti, ma sto diventando scortese anch’io, come si rimprovera a chi è della zona. Ma le assicuro che avere un’attività qui è snervante, ti ci portano ad essere scontroso. Ed ecco l’idea del menù col decalogo”.
La maleducazione è all’ordine del giorno, assicura il barista, per non parlare delle richieste assurde. “Un giorno un cliente mi ha domandato se, oltre all’aperitivo, potevo portagli anche polenta e cinghiale, a mo’ di sfottò; un’altra volta un suo degno ‘collega’ mi ha chiesto un latte macchiato ‘ ma senza caffè’; un turista napoletano, poi, voleva portarsi via il caffè nel bottiglione – racconta – Per non parlare del panino ‘con questo ingrediente ma non con l’altro’…Ma io dico: ci sono 12 panini in lista, possibile che non te ne vada bene uno? Per noi questi cambiamenti significano spreco di tempo, calcolo diverso del prezzo e una maggiore lentezza nel servire ai tavoli, che, in agosto, quando il locale è pieno, è deleteria per tutti. Di qui l’idea del tredicesimo panino: fatto con gli ingredienti desiderati dal cliente ma che, invece che 4 euro, ne costa 8. Chissà perché da allora vanno bene tutti e 12 i panini!”.
“Ma la cosa più insopportabile, e anche umiliante, è l’arroganza e la prepotenza degli avventori, in particolare foresti – continua l’esercente – Quando, ad esempio, rispondo loro, in modo educato, che non ho il prodotto richiesto, e loro insistono criticandomi e dicendo che ‘vivo grazie ai loro soldi’, le assicuro che è difficile stare calmi. Noi lavoriamo ed esigiamo rispetto. Chi non conosce le norme del vivere civile e della cortesia qui non è gradito. Mi sembra il minimo”.
Di qui l’idea del menù scaccia-clienti. “No, è un menù scaccia-clienti-maleducati – precisa il titolare del bar – Non vedo perché li debba sopportare dal momento che io li tratto bene. Noi non siamo i loro servi. L’idea mi è venuta due anni fa, a seguito della richiesta di una signora che voleva due uova strapazzate per suo figlio pur sapendo che io non ho una cucina attrezzata come un ristorante. La classica goccia che fa traboccare il vaso. Di qui il decalogo, che i clienti intelligenti leggono ridendo, dal momento che vuole essere un’iniziativa anche ironica, mentre chi si sente colpito nel vivo se ne va. Meglio così”.
Ecco il decalogo cui “il cliente deve attenersi per avere sempre ragione”: deve essere educato, non fare richieste assurde, leggere la lista e attenercisi, non ordinare ciò che non è segnato sulla lista, questo locale è un bar non una nursery né un parco giochi per i propri figli, attendere il proprio turno (voi siete in vacanza, noi no), non pretendere di trovare quello che si è abituati ad avere al bar sotto casa, se si vuole il conto preparato dirlo prima dell’ordine, se si hanno problemi di salute avvisare (se possiamo vi accontenteremo), siccome siamo umani vi chiediamo un po’ di comprensione…se avete fretta questo non è il locale per voi.
Continua Carlo: “Da una parte ciò che si dice dei liguri, ossia che siano inospitali, è verissimo; però c’è da dire che anche i turisti ci mettono del loro. Mi spiace molto dirlo, ma mi sono trovato malissimo qui: la gente del posto è fredda, poco solidale. Ho avuto locali altrove e non ho mai registrato questi problemi”.
“Non le dico poi la fatica per trovare casa, dal momento che chi ha proprietà qui preferisce affittare a prezzi assurdi e in nero ai turisti, piuttosto che registrare contratti regolari 4+4. Io, a causa dlel’incidente, ho perso una gamba e ho una protesi, per cui in casa mi muovo anche con la carrozzina: questo, per molti, costituiva un problema. Il mio cane, poi, era un altro elemento a mio sfavore” racconta l’esercente.
“La verità è che i liguri hanno la fortuna di vivere in luoghi bellissimi, ma pretendono di fare soldi anche se sono rimasti agli Anni ’70, e senza cambiare mentalità. Oltre al fatto che non vogliono che arrivino altri da fuori a tentare di prendere iniziative migliori. Ecco, io sto già diventando scortese, non vorrei prendere altri ‘difetti’ peggiori. Per cui me ne vado, e senza guardarmi indietro”.
E in quel momento entrano nel bar due cinesi che hanno visto il cartello “Cedesi attività” e sono pronti a fare la loro offerta.





