Savona. Non sono mancati i colpi di scena e i momenti di tensione questa mattina in tribunale nel corso dell’udienza del processo per violenza sessuale a Gino Messina, il noto pierre alassino che è accusato di aver abusato di una ragazza russa di 28 anni. Due i momenti significativi in aula: la testimonianza di una ragazza, oggi ventottenne, che ha raccontato di essere stata violentata da Messina e poi la deposizione dell’imputatato che, per la prima volta, ha raccontato pubblicamente la sua verità.
Messina ha prima reso dichiarazioni spontanee e poi è stato sottoposto ad esame dalle parti (il pubblico ministero Chiara Maria Paolucci, l’avvocato di parte civile e quello difensore Antonio Paparo). Il pierre alassino ha negato con decisione di aver violentato, la notte del 1° settembre 2010, nel suo garage alassino di via Piani Romani la giovane russa che lo ha denunciato ed ha fornito una versione dei fatti ben diversa: “Siamo andati nel mio garage per cambiare la macchina, una decapottabile americana molto particolare, perché volevo essere meno riconoscibile. Ha fatto tutto lei: appena siamo scesi mi è saltata addosso”.
Secondo il racconto di Messina, che in aula ha anche raccontato minuziosamente tutti i dettagli del rapporto sessuale, non ci fu alcuna violenza: “Lei continuava a baciarmi e siamo passati ai preliminari, poi abbiamo avuto il rapporto appoggiati nel bagagliaio della Smart. Fosse stato per me non sarebbe successo nulla, ma quando lei, che era un po’ brilla, mi è letteralmente saltata addosso non mi sono tirato indietro. Sembrava tutto apposto, finito il rapporto mi ha anche chiesto ‘Non mi fai un regalino? Me lo sono meritato no?’. Poi ha visto le chiamate del fidanzato”.
A quel punto, sempre secondo Messina, la ragazza avrebbe perso la testa: “Ha parlato con un’amica, credo, e poi con il fidanzato e ha iniziato ad agitarsi. Sembrava sconvolta e ha detto a lui al telefono ha detto ‘Non ho fatto niente te lo giuro, mi hanno violentato’. Quando io ho sentito quelle frasi mi sono preoccupato e ho cercato di farla ragionare. Lei in quel momento ha avuto una reazione violenta e ha preso a graffiarmi. Io l’ho bloccata e poi sono andato subito dai carabinieri a denunciare quello che era successo. Quando le ho sentito dire di essere stata violentata ho voluto chiarire subito cosa era successo davvero”.
Messina ha poi riferito di essersi allontanato per andare in caserma e di aver visto la ragazza fare altrettanto a piedi e sempre al telefono con qualcuno: “Io ero preoccupato per lei tanto che ho detto ai carabinieri di andare a controllare come stava”. Sulle circostanze in cui ha conosciuto la ventottenne russa l’imputato ha chiarito di averla incontrata una settimana prima: “Me l’ha presentata un amico, l’avevo già accompagnata a casa una volta dopo una serata in un night. Già in quell’occasione mi aveva dato dei baci ed aveva avuto atteggiamenti focosi nei miei confronti e lo hanno visto anche altre persone. Poi l’ho riportata a casa, le ho lasciato il mio biglietto da visita e ci siamo salutati. Se avessi voluto violentarla avrei potuto farlo anche in quell’occasione, ma non è successo”.
In aula, come già era successo nelle udienze precedenti, ci sono stati degli scontri a proposito delle telefonate fatte e ricevute quella mattina dalla ragazza. Dai tabulati telefonici è emerso che dal momento in cui Messina è andato a prenderla all’uscita dal lavoro in un locale a quando lei ha chiamato il fidanzato sono passati 29 minuti. Un lasso di tempo che, come ha rilevato uno dei giudici del Collegio, sembra troppo ridotto per poter arrivare al garage e consumare un rapporto sessuale consensuale. Il magistrato ha fatto notare a Messina questo aspetto e come i tempi documentati dai tabulati telefonici apparissero “stretti”. L’imputato ha replicato all’osservazione senza esitazioni: “Dal locale al mio garage ci saranno due minuti di macchina. Per parcheggiare l’auto e scendere ci ho messo pochi attimi e lei mi è saltata subito addosso ed era già piuttosto ‘calda’ di suo. Quindi non è servito molto tempo per consumare il rapporto”.
Oltre a Messina in aula ha deposto una ventottenne italiana che, quando era esploso questo caso di violenza, si era rivolta alla Procura per denunciare di essere stata lei stessa vittima di abusi del pierre una decina di anni fa. Una testimonianza che gli inquirenti avevano ritenuto rilevante per consolidare la veridicità del racconto della giovane russa e che oggi è stata ripetuta in aula davanti ai giudici. “Ci spostavamo da un locale all’altro ed io ero in auto con Gino Messina che conoscevo perché era un amico del mio fidanzato. Avrò avuto 18 o 19 anni quando mi violentò” racconta la testimone.
“Non ricordo con precisione tutto, ma ricordo che eravamo in auto e lui ad un certo punto si è fermato ed abbiamo avuto un rapporto sessuale non voluto. Io gli dicevo ‘no’, ‘non voglio’, ma lui ha continuato. Io non ero come gelata e non mi sono ribellata. Non l’ho mai denunciato per evitare problemi: quello per me era un periodo difficile, con Messina lavoravamo insieme e non volevo lo scoprissero i miei genitori. Quindi non ho sporto una querela”. Affermazioni ritenute poco credibili dal legale della difesa, l’avvocato Paparo, che ha finito per avere un acceso botta e risposta con la testimone.
Sulle ragioni della denuncia tardiva la presunta vittima ha precisato: “Non ho avuto il coraggio di farlo prima e lo faccio ora dopo 10 anni perché questo scempio deve finire. Mi sono resa conto di non essere né la prima né l’ultima che ha subito questo e quindi ho deciso di parlare”. Al termine della sua deposizione il difensore di Messina ha anche chiesto che il Collegio trasmettesse gli atti alla Procura per falsa testimonianza e diffamazione. Un’istanza sulla quale i giudici si sono riservati di decidere. Il processo è stato poi rinviato al prossimo 19 giugno per l’audizione degli ultimi tre testimoni della difesa e la discussione.