Albenga. Anche i tifosi calcistici in difesa di Tomaso Bruno. A schierarsi al fianco del ragazzo ingauno, richiuso da più di due anni nel carcere di Varanasi con l’accusa di omicidio, sono infatti gli ultras di Albenga che hanno coinvolto i “colleghi” di altre società sportive in un’iniziativa fatta di slogan e striscioni.
Domenica scorsa erano molti gli stadi del Savonese nei quali comparivano lenzuola pro-Tomaso (i “Drughi Ponente”, i tifosi ponentini della Juve, hanno portato uno striscione oltre regione, fino a San Siro) e contro la giustizia indiana. Quella che lo ha condannato, anche in secondo grado, all’ergastolo, insieme all’amica Elisabetta Boncompagni, per la morte del loro compagno di viaggio, Francesco Montis, nel corso di un soggiorno in India, durante il quale i tre condividevano la stessa camera d’albergo nella quale il giovane si sarebbe sentito male per poi morire durante la corsa in ospedale.
Dagli ultras di Sanremo a quelli di Finale Ligure: le fotografie si sprecano su Facebook, e ritraggono ragazzi come il giovane di Albenga, con tanta energia e speranza. “Tomaso libero”: bastano due parole, essenziali, per dire non si arrenderanno alle decisioni dei giudici indiani e proseguiranno in questa manifestazione di solidarietà sportiva che conrtinuerà anche nel corso dei prossimi match.
Il “match” giudiziario, invece, va avanti a singhiozzo. Il 6 novembre sono state depositate le motivazioni della sentenza di secondo grado, che ha confermato quella in primo grado all’ergastolo. Ora, la famiglia Bruno, su consiglio dell’ambasciata italiana, si è rivolta a uno dei principi del Foro dell’India, l’avvocato Mukul Rohatgi, che è stato invitato anche dal Ministero degli Esteri del nostro Paese ad interessarsi a questo caso. Il legale sta studiando ora le carte per decidere se accettare o meno.
“Ci sono tre mesi di tempo per depositare il ricorso alla Suprema Corte: vediamo cosa deciderà di fare l’avvocato – spiega Luigi Euro Bruno, il papà di Tomaso – Abbiamo letto le motivazioni della sentenza e ci hanno come al solito lasciato basiti. Solo per fare un esempio, si fa riferimento ad una lesione della trachea, provocata, oltretutto, con tutta prtobabilità dalla tosse insistente del povero Francesco, e che, comunque, si specifica non essere la causa della morte. Per il resto, dicno i giudici ‘non vi sono prove o elementi univoci ma sono stati Tom e Eli oltre ogni ragionevole dubbio’. Ma come possiamo accettare una cosa simile?”.
“Siamo in contatto epistolare con nostro figlio – continua Bruno – e in India abbiamo amici che ci sostengono. Mia moglie è stata ospite due mesi di un professore di Venezia che ci sta dando una mano, anche a livello logistico. Per il resto, Tomaso dice di essere sicuro che tornerà a casa. Noi forse torneremo a gennaio a Varanasi, vediamo come si evolve la situazione. Si combatte”.



