Carcare. Alla ricerca d’evasione dai rumori del traffico cittadino, dai clacson impazziti degli autisti in guerra col mondo, usciamo da Savona, direzione nord e ben presto ci troviamo a salire i tornanti del Col di Cadibona.
La destinazione è la Valle bagnata dal Bormida, la cui etimologia deriva dal termine gallico “bormo” (sorgente che gorgoglia) o meglio ancora è a Carcare che siamo diretti, per passare una giornata diversa in questa storica e bella cittadina e per incontrare un rallysta d’eccezione, abbinando il piacere di ammirare da vicino lo storico centro, a quello di capire quali sono le “molle” attrattive di uno sport che desta tanto interesse.
Senza dimenticare le specialità culinarie della zona, dove s’intrecciano influssi tipicamente liguri con quelli piemontesi, con salumi di selvaggina ed abbinamenti con il tartufo. Ed è proprio seduti al tavolo a gustare una calda farinata, in una caratteristica trattoria vicino al Ponte Vecchio che sovrasta il fiume Bormida, che abbiamo fatto “due chiacchiere” con Manuel De Micheli, che inizia a decantarci il suo paese, partendo da questo ponte, originariamente in legno, che unisce le due borgate del centro storico di Carcare e che ha sentito il rimbombo degli stivali delle truppe austriache prima e di quelle napoleoniche successivamente.
Fatichiamo a distoglierlo dal racconto della storia della Val Bormida, vogliamo capire cosa l’ha spinto a diventare un pilota di rally: “La passione mi è cresciuta dentro sin da piccolo, ai bordi della strada ad assistere con i miei genitori al passaggio del rally di Sanremo. Che spettacolo quelle auto così colorate che mi sfrecciavano davanti, in un rombo assordante ! Conseguire la patente di guida è stato il mio primo obiettivo da maggiorenne, tanto che la ‘doppietta’, senza toccare la frizione, ho imparato a farla forse prima che a mettere la freccia di sorpasso”.
Quando hai iniziato a gareggiare?
“Nel 1997 ho partecipato al Rally Valli del Bormida con una piccola auto e gradualmente, anche perché non ho mai avuto la possibilità di fare corsi di perfezionamento, ho gareggiato con macchine sempre più potenti. Insomma, ho fatto tutti i passaggi di ‘routine’ necessari per impratichirmi, senza rischiosi salti nel buio. Il bello di questo sport non è dato dalla potenza dell’auto con cui si corre, bensì dalla passione di chi lo pratica”.
Quali piloti sono stati i tuoi punti di riferimento?
“Facile rispondere Jean Ragnotti, il grande rallysta francese, che dal 1970 al 1996, in coppia col navigatore Pierre Thimonier (ndr, un cognome che parla da solo!) ha vinto tutto quello che c’era da vincere”.
La tua esperienza più bella?
“Senza ombra di dubbio la partecipazione al Campionato europeo a Vinho de Madeira, nelle isole atlantiche portoghesi. Era la prima volta che correvo all’estero e che mi confrontavo con autentici campioni che fanno il pilota di rally di mestiere. Per me, che come professione faccio il direttore commerciale nel settore edilizio, aver ottenuto il nono posto assoluto, é stata gran bella soddisfazione”.
Come è stata l’accoglienza del pubblico in Portogallo?
“Qualcosa di inaspettato. Sembravano tutti innamorati di questo sport, un’attenzione nei nostri riguardi come in Italia hanno solo verso i calciatori professionisti, tanto per citare un esempio ti ‘pressano’ da vicino anche mentre scarichi la macchina!”.
Quanto è importante il navigatore?
“Avere un buon navigatore e poter prendere le note, consente di andare davvero più forte ed il suo aiuto è basilare, come del resto quello degli sponsor, in effetti veri e propri amici”.
Di sera, mentre torniamo verso il mare, sull’autostrada Torino – Savona, richiamati alla realtà del tempo che fugge, mentre il sole tramonta, colorando di rosso il cielo ad occidente, ci sentiamo appagati dalla giornata trascorsa in un’isola di tranquillità in compagnia di un ragazzo all’antica, che ha dentro di sé passioni ed alti valori.
Claudio Nucci



