Disinnesco dell’ordigno ad Andora, il capitano Pirola: “Sarà una vera e propria operazione chirurgica”

ordigno bellico Andora

Andora. Il capitano Federico Pirola, 30 anni, sarà il coordinatore delle operazioni degli uomini in campo per le operazioni di disinnesco dell’ordigno ritrovato ad Andora, quello che tecnicamente si chiama Eod staff officer. Al comando degli artificieri del team Eod ci sarà il primo maresciallo Fabio Corpus.

“Quello di Andora è un caso limite – spiega Pirola -. Ci è capitato di lavorare anche su bombe più grandi, ma ad Andora dovremmo fare una vera e propria operazione chirurgica. Non possiamo far esplodere l’ordigno sul posto perché è vicino al centro abitato ed alla linea ferroviaria e quindi dovremo disinnescarla. Operazione delicata viste le condizioni in cui si trova l’ordigno che ha le due spolette danneggiate: una a causa dell’impatto a terra dopo il lancio  dall’aereo, l’altra spoletta è stata danneggiata dal martello pneumatico dell’operaio che l’ha rinvenuta. Si tratta di un ordigno della Seconda Guerra Mondiale, da 500 libbre. Il suo nome è ANM 64. E’ probabile che l’aereo americano, forse in fuga da un attacco e l’abbia sganciata da un’altezza minore rispetto al dovuto: per questo non è esplosa sul momento”.

Riguardo agli aspetti tecnici dell’operazione, Pirola spiega: “Questa la situazione su cui ci troviamo ad operare. L’ordigno ha due spolette, una posteriore ed una anteriore. La spoletta posteriore è stata tranciata, ma si può svitare a distanza con una speciale morsa . La spoletta posteriore, invece, è stata tranciata al momento della caduta e quel che ne rimane si è cementato, col tempo e la ruggine,  al corpo della bomba. Non possiamo quindi svitarla a distanza. Dovremmo tagliare la parte della bomba, quella che comprende quel che resta della spoletta e l’innesco all’interno, con una fresa a freddo. Una vera operazione chirurgica che ha chiaramente i suoi rischi. Vicino all’operatore con la fresa ci sarà anche un robot con telecamera. Una volta terminata questa operazione la bomba sarà inerte e quindi trasportabile.  Sarà fatta brillare nella cava di Zuccarello”.

Per quanto concerne la preparazione a tale operazione, il capitano afferma: “C’è posto solo per la concentrazione assoluta su ciò che dobbiamo fare. Nel nostro gruppo ci sono militari giovani, quasi tutti intorno ai trent’anni, che hanno fatto molti turni in Afghanistan dove si disinnescano bombe in situazioni estreme dove il pericolo non arriva solo dall’ordigno, ma anche dai luoghi stessi. Quindi lavorare in una cornice di sicurezza, in Italia, dove ti puoi concentrare solo sulla bomba da molta più tranquillità. E nel lavorare in terra di pace, c’è sempre il ricordo di chi lavora e si è sacrificato nei luoghi di guerra. Nel nostro gruppo lavora il figlio del primo maresciallo Mauro Gigli, Medaglia d’oro al valor militare: è morto in Afghanistan il 28 luglio 2010, proprio durante un’operazione di disattivamento di una bomba. E’ morto salvando molti suoi commilitoni. Il figlio ha scelto di lavorare con noi fra gli operatori”.

Gli interventi in Afghanistan, le bombe in Italia in tempo di pace. Perché Pirola ha scelto di fare questo lavoro così particolare? “Noi prima di tutto facciamo parte del Genio Guastatori – sottolinea -. Io ho scelto il gruppo Eod per accrescere la mia professionalità, per essere preparato per poter accedere ad un corpo d’elite che prevede una professionalità estrema. Professionalità che fa la forza e l’unione di un gruppo come il nostro”.