La Costa Concordia si è mossa ancora. Per questa ragione sono sono state sospese tutte le attività di ricerca dei dispersi. Questa mattina è prevista una riunione delle forze operative per decidere come procedere e non è escluso che possa prendere corpo il progetto di imbracatura dello scafo della Concordia, la nave da crociera naufragata il 13 gennaio davanti alla costa dell’isola del Giglio, che verrebbe assicurato così agli scogli per evitare l’inabissamento.
Mentre al Giglio l’emergenza non si ferma, a Roma, il Ministero dell’Ambiente lavora per migliorare la sicurezza in mare ed ha già avanzato delle ipotesi di lavoro “anti-inchino”: limite a tre miglia dalla costa per i cargo con trasporti pericolosi per le aree protette con linee guida e interventi su due aree di maggior attenzione come il Canale di Piombino e Venezia. Per quest’ultima limiti di tonnellaggio nel Bacino di San Marco mentre in Laguna distanza di sicurezza di due miglia tra le navi in transito.
In particolare per le aree protette ci saranno linee guida alle capitanerie di porto che verranno definite a seconda delle diverse realtà mentre in alcune aree da individuare potrebbe esserci l’obbligo di usare il pilota, ovvero una figura professionale ad hoc che sale a bordo e prende i comandi, già in uso in alcune realtà, per entrare in porto.
Intanto procede anche l’inchiesta giudiziaria relativa al naufragio e la credibilità del comandante Francesco Schettino potrebbe subire un nuovo scossone dagli accertamenti decisi dagli inquirenti sul timone della nave Costa Concordia. Schettino nell’interrogatorio di garanzia ha ammesso di aver sbagliato la manovra di avvicinamento all’isola quando decise di portare la nave su una “rotta turistica” diversa da quella ordinaria e poi di aver compiuto una manovra di emergenza capace di salvare, secondo lui, centinaia, se non migliaia di persone. Potrebbe non essere così.
La procura di Grosseto lo accusa fin dall’inizio dell’ inchiesta di aver condotto la nave ad una velocità elevata, 15 nodi, velocità vietata dal codice della navigazione nei tratti di mare punteggiati da ostacoli poiché rende difficile arrestare i natanti entro una distanza adeguata. Ma 15 nodi – ecco le nuove valutazioni tecniche maturate dalle indagini della guardia costiera – sono troppi anche per poter correggere la direzione in tempo e senza andare a sbattere contro le rocce: perciò emergerebbe la velocità elevata come reale errore della plancia di comando della Costa Concordia, costretta a dover repentinamente virare il timone tutto a dritta (destra) per non urtare frontalmente la scogliera.
La manovra – una “sterzata” fatta in piena emergenza – riuscì solo in parte: la nave ebbe la fiancata di sinistra squarciata per circa 50-70 metri sul lato di poppa e divenne ingovernabile. L’acqua entrata in cinque sale macchine causò il blocco dei motori e black out agli impianti elettrici. E il timone, allo studio degli inquirenti, rivela molto di questa dinamica rimanendo infatti sempre tutto a dritta dopo l’urto. Questa circostanza sarebbe confermata dalle testimonianze di alcuni ufficiali della Costa Concordia, ascoltati dagli investigatori e presenti in plancia di comando dopo la collisione.
Gli accertamenti della guardia costiera per analizzare questo fatto si soffermeranno anche sui movimenti registrati sia dall’Ais (l’Authomatic Identification System, sistema satellitare di rintraccio delle navi), sia dal “Vdr”, il Voyage Data Recorder, che memorizza tutti i movimenti della nave e tutte le operazioni della plancia di comando.
Altri accertamenti riguardano inoltre il movimento delle ancore, per verificare se è vero quanto detto da Schettino e cioé di averle gettate quando la nave era ancora in moto. Il timone, si fa anche osservare da fonti qualificate, fu completamente virato a dritta come se la nave, arrivando ad alta velocità, dovesse scansare l’ostacolo all’ultimo momento. A quel punto la plancia di comando non poté più correggere la rotta, la nave era troppo sotto costa e dopo l’urto fece un mezzo giro su se stessa, di circa 180 gradi, andandosi ad adagiare accanto all’isola con la prua rivolta al fronte nord dell’insenatura di Giglio Porto, dov’é ora.
Se gli accertamenti – che sono essenzialmente tecnici e si baseranno sull’analisi dei dati contenuti nella ‘scatola nera’, che dirà da quando e per quanto il timone fu virato, e in che punto esatto di mare – dovessero avallare questa ricostruzione, cadrebbe la versione di Schettino secondo cui, dopo aver subito la falla, sarebbe stato comunque capace di manovrare la nave in avaria avvicinandola volontariamente alla costa così da favorire il soccorso a 4.000 persone. Se così stanno le cose, non sarebbe stato, di fatto, per lui possibile agire così.