Uno slalom difficile quello che il comparto balneare ha messo in atto tra le 107 pagine e i 44 articoli del Decreto che sembrano non colpire, almeno in questa prima fase, il settore.
Il contenuto dell’articolo 26, stracciato dal testo definitivo del Decreto, minava di fatto, anni di sforzi delle rappresentanze di categoria rappresentando più un ostacolo che uno strumento di crescita.
“Siamo a favore delle liberalizzazioni e alle riforme strutturali che servono a favorire la crescita del nostro settore – afferma il Presidente Renato Papagni – ma siamo contro le “liberalizzazioni inutili”.
“La disposizione ventilata dagli uffici tecnici del Ministero del Turismo riduceva la durata della scadenza delle concessioni a 4 anni, ostacolando in questo modo la possibilità di fare degli investimenti e dei progetti di crescita a lungo termine. Le concessioni devono essere ventennali. La crescita non si costruisce in laboratorio ma si avvale anche dell’esperienza di imprenditori che da anni hanno il polso della realtà – conclude Renato Papagni .
L’ipotesi di occupazione camorristica delle coste italiane innescata potenzialmente dal meccanismo delle aste e dall’innesto di denaro riciclato ha evidentemente attivato i tecnici che hanno ascoltato le ragioni di Federbalenari e rimesso in discussione le modalità con cui liberalizzare il sistema spiagge.
Non solo, l’art 26, così concepito non poteva essere presente sul teso definitivo del Decreto in quanto in totale disallineamento con il percorso intrapreso negli anni scorsi con l’UE, e si pone in aperto contrasto con l’intera normativa di settore ed, in particolare, con l’art. 11 della recente Legge Comunitaria che pone in atto l’evidenza pubblica delle concessioni demaniali marittime a partire dal 1 gennaio 2016.