Savona. Parrucchieri sul piede di guerra contro gli abusivi del “porta a porta”. Il fenomeno, abbastanza noto, di acconciatori ormai in pensione che però continuano ad esercitare, fornendo tagli a domicilio, sembra assumere proporzioni rilevanti a Savona. Spiega Gianni Carbone, segretario provinciale della Cna: “Non è raro vedere sotto i portici di via Paleocapa e in altre località centrali della nostra città persone venire contattate per un taglio di capelli a domicilio, naturalmente a prezzi stracciati. E’ chiaro che tutta questa attività sfugge ad ogni tipo di obbligo fiscale e contributivo creando un evidente conflitto con il resto della Categoria obbligata a sottostare ai costi per l’esercizio dell’attività derivanti dalle normative di legge e di mercato”.
Il livello del mercato si sta abbassando sempre più per le conseguenze della crisi economica, soprattutto per il settore dell’acconciatura che resta uno dei pochi ad essere stato completamente liberalizzato. “Esiste inoltre il fenomeno della presenza di attività low cost condotte da cittadini provenienti dall’estremo oriente per le quali sembrano non valere limiti di orario anche rispetto all’attuale regolamento” aggiunge Carbone.
“Come Cna di Savona – prosegue – abbiamo chiesto all’assessore alle attività produttive del Comune, Paolo Apicella, un intervento per aggiornare i regolamenti e di voler intensificare l’attività di controllo su questi fenomeni coinvolgendo tutte le autorità interessate”.
“E’sempre più difficile essere in regola – dicono gli acconciatori – con tutto l’accavalarsi di leggi e normative compresi gli studi di settore, gli obblighi contributivi per noi ed i nostri collaboratori e il rispetto delle norme igienico-sanitarie e di quelle sulla sicurezza”.
“Ciò che chiediamo – affermano gli acconciatori savonesi – è di veder riconosciuta la qualità del nostro lavoro soprattutto in tempi come questi dove la bassa capacità di spesa dei nostri clienti rischia di andare a scapito di chi lavora nel rispetto delle regole se non vogliamo che venga percorsa la strada, sbagliata e controproducente per tutti, del lavoro sommerso”.