Borgio V. Era entrata in un negozio di Borgio Verezzi, mentre era in vacanza con un’amica, per comprare alcuni capi d’abbigliamento per i figli, ma ha finito per ritrovarsi in tribunale a rispondere dell’accusa di calunnia. La donna, B.G., vigilessa in un comune dell’Astigiano, una volta arrivata alla cassa del negozio aveva discusso con il commesso che le chiedeva di aprire la borsetta affinché potesse controllarla. Da qui era nata una discussione: la cliente sosteneva che il negoziante non potesse avanzare una simile richiesta e lui che, al contrario, voleva effettuare la verifica. Le versioni delle due parti erano però contrastanti: la donna aveva infatti querelato il commesso perché sostenava che avesse rovistato nella borsetta dalla quale erano poi spariti 200 euro. Il dipendente del negozio aveva così controquerelato la cliente accusandola di calunnia.
Questa mattina, in tribunale, l’imputata è stata però assolta (“perché il fatto non sussiste”) dall’accusa. Per quell’episodio, che risale al 2009, il giudice ha inoltre disposto la trasmissione degli atti alla Procura. Le deposizioni dei testimoni nel corso del processo infatti sono state contraddittorie e non hanno chiarito se la borsetta della cliente sia stata aperta o meno. Resta quindi da chiarire se alcune delle persone sentite possano essere accusate di falsa testimonianza.