Cronaca

Tentato omicidio di Cairo, gli assistenti sociali: “Visione distorta della professione, si moltiplicano intimidazioni”

Cairo M. “Il grave fatto di Cairo ha sollevato il clamore intorno ai servizi sociali e dobbiamo mantenere alta questa attenzione, perché la nostra è la professione con cui ci facciamo garanti del benessere comune”. Lo sostiene Cristina Lodi, presidente dell’ordine degli assistenti sociali della Liguria, intervenendo direttamente sul tentato omicidio dei giorni scorsi che ha visto un italo-colombiano cinquantenne, Josè Formica, scagliarsi a colpi di machete contro la ventisettenne Veronica Meinero nella sede dei servizi sociali cairesi. L’uomo ha agito per vendicarsi dell’allontanamento forzato dei suoi due figli, di 10 e 16 anni, identificando la giovane operatrice con l’origine delle sue sofferenze.

“Attraversiamo un momento di grossa difficoltà nel nostro ruolo – prosegue – Soprattutto per la congiuntura economica che va a ricadere sulle famiglie e sullo stato sociale. Abbiamo la responsabilità sulla multidimensionalità del dolore, ma pochissime risorse per intervenire. Veronica è stata ‘svenduta’ per salvare vite, mettendo in pericolo la propria. Occorre un riconoscimento specifico del nostro mandato istituzionale”.

Cristina Lodi ha partecipato all’assemblea che ha radunato un centinaio di assistenti sociali della Liguria, convocata nella sala Carige di via Chiossone a Genova, durante la quale sono stati affrontate le criticità dovute alle politiche di welfare e in particolare ai tagli alle risorse, con le loro inevitabili ricadute per operatori e cittadinanza. “Gli enti locali fanno fatica con le nuove norme a praticare le assunzioni. Ma la figura dell’assistente sociale necessita di rappresentatività, soprattutto per le problematiche che affronta con i minori. Ora per fortuna Veronica sta meglio, ma non bisogna far calare l’attenzione” conclude la presidente dell’ordine regionale degli assistenti sociali.

Alessandra Giribaldi, segretario nazionale del SUNAS (il Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali), osserva: “L’assistente sociale è una figura molto esposta in questo periodo di crisi, per la sua posizione di mediazione e di contatto. Crescono bisogni, povertà e disagio, mentre le risorse diminuiscono. Aumenta la rabbia fra le persone e quindi il pericolo di gesti eclatanti, come quello di Cairo, dove una collega ha rischiato la morte”.

“Ma – aggiunge l’assistente sociale – gli atti di intimidazione e di minaccia, soprattutto verso le colleghe considerata la preponderanza femminile nella nostra professione, si moltiplicano a tutti i livelli; complice una campagna di disinformazione che addita erroneamente l’operatrice quale responsabile dell’allontanamento dei bambini. Anche nel caso di Cairo Montenotte, probabilmente l’uomo ha agito sotto l’impulso di un disagio psichico, ma anche nutrito da una visione distorta del ruolo dei servizi sociali alimentata dai media. Quasi che nell’immaginario l’assistente sociale ‘rapisse’ i bambini”. “Il problema è che siamo in trincea – conclude Alessandra Giribaldi – Siamo come soldati mandati al fronte con le scarpe di cartone”.