Savona. E’ stato presentato il rapporto sulle povertà della diocesi di Savona Noli che mette in evidenza l’evoluzione della povertà vista dagli operatori e volontari dei Centri di Ascolto Diocesano, Parrocchiali e della Fondazione Diocesana ComunitàServizi, attraverso l’analisi della banca dati dell’Osservatorio della Povertà e delle Risorse.
“Chiaramente si tratta di una lettura parziale della povertà presente sul territorio né nelle quantità né nelle sue diverse articolazioni.Ci troviamo, però, a trattare una quantità purtroppo considerevole di dati, che comunque danno a questa ricerca una sua significatività: 2.156 persone incontrate nel 2009, su un territorio di circa 140.000 abitanti rappresentano 1,6% della popolazione residente sul territorio diocesano”- scrivono in una nota la diocesi di Savona.
Nel 2009, sono stati forniti oltre 70.000 pasti, si è dato un posto letto per quasi 9.000 accoglienze notturne e per oltre 5.000 volte le Parrocchie sono intervenute per fornire abbigliamento. Oltre alla soddisfazione di questi bisogni primari, si è svolta un’attività di accompagnamento e orientamento ad altri servizi pubblici e privati dati durante gli oltre 12.000 incontri avuti. Inoltre in alcuni casi vi è stata la necessità di intervenire anche con aiuti economici a favore di alcune famiglie: nel 2009, questi contributi, hanno raggiunto i 150.000 euro, anche sottoforma di microcredito, per fornire un aiuto nel pagamento di bollette, riscaldamento, affitto ecc.
“La rete dei Centri di Ascolto Parrocchiali sta diventando un punto di riferimento primario per l’accompagnamento delle persone povere: va potenziata, però, la rete con i servizi del territorio in modo da ottimizzare le risorse e contrastare in maniera efficace il fenomeno.I nostri servizi registrano in termini assoluti una leggera diminuzione del numero di persone, ma un aumento dei servizi loro erogati. Mediamente le persone aiutate, hanno usufruito di più pernottamenti nelle Case di Accoglienza e di più pasti alla Mensa di Fraternità rispetto al 2008. I dati non sono positivi, indicano che i nostri servizi di risposta ai bisogni primari hanno raggiunto il livello di saturazione. Anzi ci confermano una situazione di aumento dell’esclusione sociale: in sintesi non siamo più in grado di accogliere tutti perché le nostre strutture sono piene di persone che hanno sempre maggiore difficoltà a trovare strade alternative di autonomia. Offrire percorsi significativi di autonomia sociale è compito che attende a tutta la società nelle sue componenti, non solo agli specialisti del settore”.
“Nel 2009 abbiamo assistito a livello nazionale ad un taglio complessivo del 20% delle risorse disponibili per le politiche sociali – si tratta di quei pochi fondi che vengono utilizzati per i servizi alle persone in bassa soglia di povertà come mense, centri di accoglienza notturna, laboratori di avviamento al lavoro etc. – e l’attuale manovra economica prevede ulteriori importanti tagli alle Regioni. La sicurezza di un territorio si costruisce, se non proprio potenziando, almeno mantenendo i servizi che rendono possibile fenomeni di inclusione sociale piuttosto che di emarginazione. Accanto a servizi tesi a contrastare la povertà, soprattutto nelle sue espressioni più gravi, sarebbe interessante avviare misure preventive di contrasto alla vulnerabilità, ossia intervenire anche in quelle situazioni che non sono di povertà conclamata, ma al limite della soglia. Una riflessione seria e realistica sul tenore di vita, sull’educazione al consumo, al risparmio e ad uno stile sostenibile potrebbe essere una delle sfide che potrebbe aiutare ad arginare un fenomeno ai suoi inizi”.