Cronaca

Morte sul lavoro a Bardineto, accusa di omicidio volontario per i fratelli Oddone

Bardineto - Oddone

Bardineto. Omicidio volontario. E’ questa la grave contestazione mossa a quattro persone nell’ambito dell’inchiesta sulla tragica morte di Gheorge Wladut Asavei, il ventottenne romeno morto in seguito alle ferite riportate nell’infortunio sul lavoro avvenuto il 27 agosto scorso nell’azienda agrituristica “Fratelli Oddone” di Bardineto.

A ricevere, nella giornata odierna, la notifica di conclusione delle indagini preliminari dalla Procura della Repubblica di Savona, con la grave contestazione, sono quattro persone. Si tratta dei titolari dell’agriturismo i fratelli Angelo, Emilio e Maria Nadia Oddone e della convivente di uno dei fratelli, Giuseppina Ferrari. Ai quattro viene quindi contestato, in concorso, il dolo nell’omicidio. Inizialmente l’accusa a loro carico era per omicidio colposo ma ora la loro posizione peggiora.

L’indagine è partita in seguito all’incidente sul lavoro nel quale Asavi ha tragicamente perso la vita mentre stava lavorando in un terreno agricolo dell’azienda, con un trattore, insiemo al collega bosniaco Dragan Novakovic, rimasto solo ferito. L’operaio bosniaco, in principio, era anche stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di favoreggiamento.

Ai fratelli Oddone e alla compagna di uno di loro viene contestata, oltre a quella di omicidio volontario, anche l’accusa di lesioni a carico di Novakovic. Fin dalle ore immediatamente successive all’incidente per gli inquirenti non era stato facile ricostruire l’esatta dinamica dell’episodio: i punti oscuri erano molti tanto che la Procura procura aveva disposto il sequestro anche del ristorante e dell’intera struttura ricettiva dell’agriturismo della famiglia Oddone, compreso il trattore che, secondo quanto ricostruito, sarebbe il mezzo che stavano utilizzando i due operai quando avvenne la tragedia.

L’altro punto poco chiaro erano poi le versioni sull’incidente e sui successivi soccorsi prestati ai feriti fornite dai titolari dell’azienda e da Novakovic: i racconti erano infatti discordanti. I due operai, che erano impiegati con un regolare contratto di lavoro, sarebbero stati travolti e schiacciati proprio dal mezzo agricolo che stavano utilizzando.

In questi mesi comunque gli inquirenti non hanno mai smesso di cercare di fare piena luce sull’accaduto e, sulla base dei risultati della consulenza medico legale sulla vittima e di altre perizie, accertamenti e consulenze, hanno quindi ipotizzato per i quattro l’accusa di omicidio volontario.

Secondo quanto trapelato, visto che il riserbo sulla vicenda è massimo, i risultati dell’indagine sembrerebbero confermare che le modalità e i ritardi nei soccorsi possano aver in qualche misura influito sulla drammatica fine del giovane taglialegna romeno. In particolare ai fratelli Oddone e all’altra indagata verrebbe contestato il fatto di aver trasportato i feriti in ospedale a bordo delle loro autovetture, anziché allertare il 118, e di aver fornito delle versioni dell’incidente poco chiare.

Fattori che potrebbero confermare che i soccorsi ai due sono stati prestati in ritardo anche a causa delle modalità di trasporto sbagliate. Gli Oddone, dopo aver ritrattato la prima versione fornita agli inquirenti (inizialmente avevano sostenuto che gli operai si erano feriti in luoghi e momenti diversi), avevano comunque giustificato le loro azioni.

Secondo quanto riferito dai titolari dell’azienda il 118 non era stato allertato per accelerare i soccorsi visto che la zona dove è accaduto il fatto è a sette chilometri di distanza dall’agriturismo e vi si accede solamente con dei mezzi fuoristrada e non ci sarebbe stato lo spazio per l’atterraggio di elicotteri. Inoltre, sempre stando alle dichiarazioni che avevano reso gli Oddone i due operai, seppur feriti, erano coscienti e parlavano e si erano detti d’accordo per venire trasportati in ospedale con le auto. Una versione che evidentemente non ha convinto del tutto i magistrati.