[thumb:10171:l]Cairo Montenotte. Il congelamento delle estremità del corpo ha lasciato le dita dei piedi annerite. La debolezza è spossante. Il trauma psicologico non è da meno, anche se il ritorno tra le pareti domestiche ha regalato il sospirato conforto. Matteo Refrigerato e Mirko Affasio, i due alpinisti valbormidesi scampati alla tragedia dell’Aconcagua, hanno deciso di non affrontare l’incontro pubblico che in un primo tempo era previsto per divulgare più compiutamente la loro storia. Non vogliono clamore, in segno di rispetto verso la famiglia di Elena Senin, la loro compagna che sulla vetta delle Ande non ce l’ha fatta.
La trentottenne, di Ivrea, laureata alla Bocconi, consulente finanziario, è morta a circa sette mila metri d’altezza, in mezzo alla tormenta, a temperature più rigide dei 20 gradi sotto zero. Da cinque anni praticava escursioni ad alta quota con Matteo e Mirko. Era una cara amica dei due cairesi, che ora stanno cercando di mettersi in contatto con la famiglia della donna per esprimere il proprio sentimento di affetto e di lutto. Nella spedizione è deceduto anche Federico Campanini, la guida argentina che accompagnava il gruppo. Superstiti, invece, le due italiane Marina Attanasio, di Milano, e Antonella Targa, di Sant’Agata Bolognese.
Matteo e Mirko, rientrati ieri dall’Argentina, oggi pomeriggio sono stati sottoposti nuovamente ad una visita medica. Le loro condizioni vanno costantemente monitorate. Oltre ai segni lasciati dal congelamento, hanno la schiena piena di escoriazioni per il difficoltoso trasporto in barella praticato dai soccorritori dalle altezze della cima sudamericana sino al campo base.
“Stiamo guarendo e la nostra intenzione è quella di rimetterci in sesto il più rapidamente possibile – dice Matteo Refrigerato – Stiamo bene, anche se lo stato di forma deve pian piano recuperare”. La fortunata ascesa sull’Aconcagua non ferma l’amore per la montagna: “Torneremo a fare trekking ad alta quota, quando le energie e la condizione mentale ce lo permetteranno – afferma Matteo – Non vogliamo rinunciare a questa nostra passione”.
La salita sulla vetta della cordigliera argentina, sulla carta, non presenta particolari difficoltà. La si può affrontare anche senza particolari accorgimenti tecnici. Secondo gli esperti, è possibile salire in vetta, dalla via normale, anche senza corda e picozza e di solito sono sufficienti i bastoncini da sci ed eventualmente i ramponi. Ma una bufera di neve, la perdita dell’orientamento e un errore nell’affrontare la discesa, come è accaduto nella spedizione con i due valbormidesi, possono risultare fatali.
Al loro arrivo a Bragno, frazione industriale di Cairo, c’è stato solo il tempo per riabbracciare alcuni amici. Questi ultimi, per sensibilità, non hanno organizzato alcun festeggiamento, in attesa che i due alpinisti si riprendano definitivamente. “Con Matteo e Mirco non abbiamo parlato nel dettaglio di quanto è accaduto – afferma lo zio di Refrigerato, Renato, consigliere comunale – Preferiamo non assillarli e non far emergere i ricordi più spiacevoli. Decideranno loro quando approfondire la vicenda”. Al ritorno a casa, i due alpinisti hanno ripreso a gustare la vita di tutti i giorni. E c’è stato anche spazio per alcuni regalini portati dall’Argentina, che i due cairesi hanno consegnato ai rispettivi familiari.
